I rischi del cuore artificiale








Un cuore artificiale ideale dovrebbe essere capace di fornire la portata ematica opportuna, adattandola inoltre alle esigenze fisiologiche dell’organismo in ogni momento (sistema adattivo); nel caso in cui il dispositivo non sostituisca completamente il cuore naturale, sarebbe idealmente auspicabile che fosse anche in grado di aumentare il flusso coronario, specialmente nell' eventuale area ischemica. E’ evidente anche che un sistema ideale non dovrebbe causare complicanze nell’individuo che lo ospita, né avere controindicazioni: emolisi e trombogenicità sono sicuramente i due fattori negativi che nel caso ideale dovrebbero essere completamente annullati. Un dispositivo ideale dovrebbe inoltre essere facile da impiantare, dovrebbe possedere una elevata resistenza a fatica, dovrebbe essere portatile, e non dovrebbe essere costoso.




A dispetto della meccanica e della biocompatibilità dei materiali usati, ci sono ancora problemi irrisolti quali la trombogenicità dovuta alla fluidodinamica (a seconda delle condizioni di flusso uno stesso dispositivo può essere o meno emocompatibile) e alle impurità, le infezioni, la mancanza di modelli ideali per la sperimentazione e la complessità della fisiologia cardiovascolare. E’ bene sottolineare che non esiste un sistema ideale potenzialmente valido per tutti i possibili tipi di pazienti, perché ogni situazione avrebbe in teoria bisogna di una soluzione ad essa calibrata. Per quanto riguarda i dispositivi a lungo termine totalmente impiantabili, inoltre, allo stato attuale dell’ ”arte” i maggiori ostacoli sono rappresentati dalla bassa durata delle batterie [difficilmente superiore a due anni], e dalla scarsa affidabilità tecnica [rottura dei componenti meccanici].




Quali sono i requisiti per la corruzione di un dispositivo?

Tutte le superfici devono essere biocompatibili ed emocompatibili: il rischio di emolisi e trombogenicità deve essere ridotto al minimo, e il disegno emodinamico deve essere ottimale per evitare sia un elevato stress di scorrimento (shear stress), sia cavitazioni, sia "zone di stress". Il dispositivo deve fornire una portata di circa 7-10 l/min con una frequenza massima di 120 bpm e una pressione arteriosa di 120 mmHg; la pressione di riempimento deve essere minore di 15 mmHg. La parte impiantabile deve essere anatomicamente adeguata, a seconda della esatta collocazione che dovrà avere. Per quanto concerne la durata, si ha che, visti gli attuali limiti, le pompe impiantabili devono poter lavorare almeno due anni senza alcun intervento.

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